OFS - Parrocchia Sant'Antonio di Padova

Quartu Sant'Elena
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Storia dell'OFS
L’Ofs nasce per espressa volontà di Francesco d’Assisi sollecitato a dare una risposta alle tante persone che volevano condividere il suo cammino evangelico. Francesco risponde aprendo la possibilità della santità di vita anche allo stato laicale, e questo in un secolo, il 1200, in cui il rapporto profondo con Dio, il tendere alla perfezione della vita cristiana, sembrava essere appannaggio esclusivo dei chierici e di coloro che si ritiravano dal mondo, i monaci. Con intuizione profetica Francesco, attraverso la via della penitenza, propone ai laici, uomini e donne, sposati e non sposati, di ogni età e di ogni condizione, di vivere il Vangelo nella propria giornata, nella propria famiglia, nel proprio lavoro.
La penitenza, intesa nel suo significato più profondo di conversione, di cambiamento di cuore e di mente, viene così unita alla quotidianità, al vivere nel mondo. Consisterà nel “consacrare” il mondo, non nel “fuggire” il mondo come appunto per i monaci. La via della penitenza viene proclamata come possibilità per tutti di accedere alla comunione totale con Dio. E questo è di una importanza straordinaria. Lo troviamo attestato nella “Lettera a tutti i fedeli”, ormai riconosciuta come il documento sorgivo dell’Ofs. In questa lettera Francesco stesso delinea un orientamento di vita per i laici secondo quanto gli ha ispirato il Signore. Ed è qui il nucleo evangelico da cui si sprigiona la fecondità dell’Ofs. Per il nostro tempo lo ha autorevolmente ricordato la Chiesa con l’approvazione dell’attuale Regola (1978), ad opera di Paolo VI, che pone quale Prologo alla stessa la ”Esortazione ai fratelli e sorelle della Penitenza”, prima recensione della Lettera a tutti i fedeli (1215) e prima forma programmatica di vita per coloro che rimanevano nelle loro case pur seguendo il Santo di Assisi.
La vita di penitenza è qui definita come amore, adorazione dell’unico Signore con tutte le potenze dell’anima e del corpo. Consiste nell’amare il prossimo come se stessi e nell’odiare il proprio corpo con i vizi e i peccati, nel fare degni frutti di penitenza. Non fare penitenza, di contrappunto, significa non ricevere il Corpo e Sangue di Cristo, vivere nei vizi e nei peccati, camminare dietro alla cattiva concupiscenza, servire con il corpo al mondo, ai desideri carnali, alle sollecitudini del secolo e agli affari di questa vita. E in questa esortazione Francesco pone davanti a tutti gli uomini la stupenda possibilità di essere “sposi, fratelli e madri del nostro Signore Gesù Cristo” e la pone come l’unica possibilità che dia senso alla vita dell’uomo, l’unica che possa dargli la gioia per avviarlo al traguardo di quella felicità senza fine che sarà la vita piena di unione con Dio nell’al di là.
La penitenza non è un programma cupo, lugubre, come spesso noi la intendiamo e come probabilmente la intendevano anche al tempo di Francesco, ma è sostanzialmente il programma pieno del Vangelo, un programma di amore, di crescita nell’amore, riconoscendo giorno dopo giorno l’amore che ci ha creati e redenti. Nella forza di un amore che alimenta con lo spirito la vita, essa implica il sentirsi in debito verso ogni uomo reso nostro fratello “dal Signore della maestà”.
Quindi la penitenza non è tanto un operare eccezionale, un operare che distoglie dal quotidiano della vita, non è un operare digiuni e cilizi, quanto un fare le opere del Signore, giorno dopo giorno, con il suo aiuto, nella comunione con Lui. Non è un operare esterno all’uomo, quantitativo, o un operare che lo stacca dal mondo, è un conformarsi a Cristo: è l’operare incessante per conformarsi a Cristo dal di dentro delle proprie occupazioni quotidiane e delle varie situazioni di vita, recuperando sempre la sublime dignità della propria condizione di uomo che consiste nell’essere fatti “a immagine di Cristo secondo il corpo e a sua similitudine secondo lo spirito”, come ci ricorda chiaramente Francesco. E’ un operare che mette in gioco tutta la persona in un cammino senza fine e instaura nove relazioni con gli uomini, con le cose, con il mondo.
La penitenza viene così riproposta nella sua possibilità profonda di nutrimento per la vita, di via per la felicità. Francesco la ripropone come itinerario perseverante di riconciliazione a Dio, ponendola al di là di ogni possibile interpretazione esteriore o precettistica. Questo itinerario chiama l’uomo a vivere la meravigliosa possibilità dell’apertura inesauribile allo Spirito del Signore.
Questo è il sostanziale messaggio che, ancorato alla vita di fraternità come per il Primo (frati) e per il Secondo Ordine (clarisse), identifica il laicato francescano fin dalle origini. Esso è ripreso con particolarità di norme della vita dell’Ofs, sia nel Memoriale Propositi (1221), sia nella prima vera Regola dell’Ofs, la Regola di Niccolò IV (1289), con la quale la Chiesa nella maniera più autoritativa possibile dà il primo riconoscimento ai laici come parte viva e responsabile del popolo di Dio, una parte insostituibile nel permeare il tessuto della società civile di quel tempo.
L’Ordine della penitenza si configura così, nei primi secoli, in fraternità di non molti membri, autogovernate, con un proprio consiglio ed una propria autonomia, aperte a tutti i ceti, molto attive, socialmente influenti e sorgenti di santità. Entrare in fraternità comporta un impegno solenne; lo stesso nome “memoriale propositi” implica una risoluzione, un proposito stabile, un progetto di vita, da riportare al cuore per essere fedeli al Vangelo.
L’entrare in fraternità comporta in particolare il dovere di riconciliazione, di vivere nella pace, di agire per la pace, affrancandosi dalla logica del mondo, del possesso, del potere, dell’affermazione di sé, per vivere secondo un’altra logica, la logica dei figli di Dio. E tutto questo accompagnato da gesti molto pratici: “non portare armi”, “non prestare giuramento”, il “fare testamento dei propri beni”. Gesti di riconciliazione con la giustizia, di restituzione dei debiti, il vivere la legge della povertà secondo il proprio stato, ripartendo periodicamente le ricchezze superflue e mettendo soprattutto la ricchezza dei propri talenti al servizio degli ultimi, che vengono posti al centro della propria attenzione quotidiana con sollecitudine, con amore, con tutta la creatività che lo Spirito sa donare.
Sempre stimolati, alimentati, verificati da una fraternità concreta, in cui celebrare insieme la Parola di Dio, in cui aiutarsi a vicenda a recuperare continuamente l’orizzonte della penitenza evangelica, attraverso il continuo conforto e l’esortazione a perseverare nella via della conversione e a fare le opere di misericordia, nonché a deciderne i modi insieme, mettendo in gioco tutte le potenzialità personali e di vita fraterna. E tutto questo particolare modo di seguire il Vangelo sulle orme di Francesco ha una profonda incidenza nella trasformazione della società.

Il Vangelo preso sul serio
Fin dai primi secoli i seguaci di Francesco d’Assisi nel mondo, con la loro fedeltà al Vangelo, hanno saputo incarnare la spiritualità francescana nei rapporti tra gli uomini, nell’economia, nelle strutture sociali e civili, incidendo profondamente nella trasformazione della società. Possiamo rendercene conto riportando alcuni aspetti salienti dell’espressività del francescanesimo secolare.
Ancora vivente Francesco, professando una Regola per la pace, i laici francescani operarono concretamente in ordine a tale valore. Rispetto al sistema feudale e al nascente comune il “non portare armi” e il “non fare giuramento” al signore o al podestà, costituì una forza dirompente; intere città furono poste in situazione di “obiezione di coscienza” ante litteram, provocando un indebolimento del potere feudale prima e poi delle mire espansionistiche dei comuni. Pensiamo solo alla portata profetica del non girare armati, fatto del tutto assurdo per un uomo libero di quel periodo, che vedeva invece il suo nuovo stato di cittadino significato dalla possibilità di portare armi. E i penitenti francescani seppero rivolgere a favore degli uomini del tempo anche i contraccolpi che il potere civile inflisse loro per questo atteggiamento. In alternativa al servizio militare i Comuni imposero ai terziari una specie di servizio “civile”, molto impegnativo, protratto per lungo tempo, nel quale i terziari dettero prova di una credibilità e affidabilità tali da venire richiesti di occupare posti di rilievo. Furono loro affidati compiti di controllo di ponti e strade, la sovraintendenza ai viveri, la delicata responsabilità di scegliere determinate figure di governanti del Comune, e altri importanti incarichi. Un altro aspetto significativo sul piano della riconciliazione: il ritrovarsi insieme, da fratelli, nobili, plebei, artigiani, commercianti, uomini e donne di ogni condizione, condividendo la stessa vocazione, pose un germe alternativo rispetto ad una società strutturata in classi come la società medioevale. Nella nuova fraternità di san Francesco non aveva alcun peso la differenza di origine. E se questo aveva già un profondo significato nell’esperienza dei frati e delle clarisse, si può intuire quale testimonianza a largo raggio veniva a produrre attraverso coloro che praticavano la penitenza rimanendo nel mondo, nel proprio lavoro, nella propria famiglia, nella società.
A mano a mano, poi, i terziari francescani, assieme ai frati del Prim’Ordine, diventano capaci di istituzioni notevolissime, in grado ad esempio di sottrarre all’usura gli uomini del tempo, attraverso i Monti di Pietà. E nell’esercizio di questa vigilanza evangelica per la situazione di ogni uomo, i penitenti francescani scoprono di potersi identificare con la figura del “buon samaritano”, facendosi prossimo come singoli e come fraternità ai più diseredati. Nascono in questo modo tante iniziative: ospedali, poderi dei poveri, assistenza ai carcerati, assistenza alle puerpere; nasce sui campi di battaglia il primo servizio di soccorso; nascono opere per la difesa di chi non può difendersi. L’attendere fedele allo spirito di penitenza, di conversione, da parte di questi uomini e donne raccolti in fraternità, produce una presenza, e piano piano diventano forme di assistenza che riconoscono concretamente ai più piccoli la loro dignità umana. Progressivamente tali istituzioni vengono assunte dalla società stessa e diventano parte del vivere civile.
E la fecondità espressa sul piano esistenziale in forme associate non ha certamente minor riscontro su altri piani, per esempio su quello artistico, letterario, scientifico, se si pensa a figure come Giotto, Dante, Petrarca terziari francescani; a figure come Tommaso Moro; Colombo e Vespucci, alla ricerca di un nuovo mondo; o ancora nell’ambito scientifico, Galvani, Volta, Ampere.
Mentre nei primi secoli l’Ordine è fortemente caratterizzato da una incidenza della fraternità, nei secoli successivi sarà più la testimonianza di singoli importanti personaggi ad esprimere il valore del vivere la penitenza nel secolo. Questo non significa che l’incidenza sia minore; ne è la prova il fatto che ogni regime oppressivo fino ad oggi ha visto sempre con grande preoccupazione questa sorta di ordine “religioso” presente nel mondo. Basti pensare anche a tempi vicini a noi, alla soppressione delle Fraternità del Terz’Ordine Francescano operata da Napoleone, alla proibizione durante il regime nazista di riunirsi in Fraternità, simile a quella vigente fino a pochi anni fa in tutti i paesi dell’Est.
Bisogna inoltre notare che da questa forte caratterizzazione personale che contraddistingue alcuni secoli della storia dell’Ofs, sono nate centinaia di istituzioni, proprio in quell’ardore di conversione e di salvezza per ogni uomo che solo può scaturire dalla coscienza di essere “ministri” del Signore, da Lui mandati a costruire il suo regno di pace e di amore nel mondo. Dal ramo del Terz’Ordine Secolare nasce già alla fine del 1300, potremmo dire, il primo ordine di suore di vita attiva: Angiolina da Marsciano ottiene il riconoscimento della vita comune pur professando la Regola del Tof. Le varie Congregazioni di suore francescane, direttamente o indirettamente, fanno capo nel loro albero genealogico al ceppo del Terz’Ordine Francescano. Ma non solo: anche tante altre famiglie trovano qui la loro nascita. Citiamo per tutte l’Istituto di Angela Merici, una terziaria francescana che riesce in una forma tutta particolare ad anticipare gli istituti secolari, mettendo al centro la promozione di donne che sentono come loro missione il servizio alla famiglia.
Tante sono le istituzioni nate da sacerdoti secolari, a cui l’ordine della Penitenza è aperto fin dal suo sorgere. Istituzioni nate spesso in modo esemplare proprio per la comunione tra laici e sacerdoti terziari. Da Don Bosco, Cottolengo, Murialdo, Faa di Bruno, da tanti altri sacerdoti terziari francescani prende inizio una proliferazione di missionarietà sociale per la tutela della donna, per la salvaguardia dei ragazzi, per la cura della umanizzazione del lavoro in risposta alla situazione prodotta dalla prima industrializzazione. Queste opere costituiranno il terreno preparatorio alla Rerum novarum (promulgata dal Papa terziario Leone XIII) e alla sua attuazione che vede in primo piano terziari francescani di tutta Europa, da Leone Harmel a Leone Dehon a Von Ketteker, a Marmillod, al Cardinal Manning, a Paolo Pio Perazzo. L’Opera dei Congressi e le stesse Settimane Sociali hanno come ideatori e organizzatori terziari francescani (Cazzani, Toniolo, Card. Maffi, Rezzanra, Montini, Tovini…). E così dal terziario Cardinal Ferrari con il p. Gemelli e i terziari Armida Barelli, Ludovico Necchi, Contardo Ferrini, Panighi ed altri, nasce l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Dal terziario Mario Fani nasce il primo progetto di Azione Cattolica, sostenuta poi per oltre cinquant’anni a tutti i livelli da una dirigenza di terziari francescani. La stessa stampa cattolica nasce e si sostiene inizialmente ad opera di vari terziari francescani (Albertario, Grosoli, Petrix …).
Che dire poi di personalità della levatura di un Dossetti, di un La Pira, che sono patrimonio non solo del popolo italiano ma del mondo intero, proprio per la loro capacità profetica? E come non pensare a Robert Schuman, padre dell’Europa? Tra i Papi valga per tutti ricordare Giovanni XXIII, che oltre ad impostare un nuovo stile nel suo servire la Chiesa come Vicario di Cristo, innesta la più grande trasformazione ecclesiale dei nostri tempi: il Concilio Vaticano II.
Tuttavia, aldilà di queste figure proposte a titolo esemplificativo, non possiamo non registrare un certo empasse nell’ultimo secolo, fino alla promulgazione della nuova Regola che sostituisce quella di Leone XIII del 1883 (seconda Regola dell’Ofs). A livello legislativo l’intento di Leone XIII di rendere più semplice la Regola perché tutti potessero beneficiarne, ha lentamente introdotto una perdita di quell’identità originale, così fortemente caratterizzante, che solo con l’attuale Regola (1978) l’Ofs sta recuperando.
Paradossalmente da parte del Papa che voleva fare del Tof la punta di diamante per la questione sociale, l’aver tolto ogni specificità francescana alla Regola provoca una perdita di identità che unitamente ad altri fatti – quali ad es. la proibizione durante il periodo fascista di operare come Fraternità – arriverà inevitabilmente, soprattutto a partire dal dopoguerra, a creare una stasi nella proposta francescana secolare. Per l’ingente carica di santità insita nella vocazione francescana abbracciata con coerenza, non viene meno comunque il proliferare di santità personale. E’ la santità tutta riempita dalla fatica del quotidiano, nel lavoro, nella famiglia, nell’accettazione della sofferenza, un quotidiano illuminato dalla sapienza del Vangelo, nella fedeltà alla povertà, alla Chiesa e alla croce. Una santità che oggi emerge dalle numerose cause di beatificazione: almeno sessanta figure di terziari francescani sono tra i beati, santi e venerabili di quest’ultima parte di secolo. Tra essi politici, casalinghe, persone inferme, lavoratori, sacerdoti e anche la prima coppia che salirà agli onori degli altari, i coniugi Beltrame Quattrocchi.
  E oggi?
Oggi il Terz’Ordine è presente in tutto il mondo, con una grande varietà di espressioni e di partecipazione. Continua certamente ad avere tra le sue fila giovani, anziani, persone sposate, vedove, celibi, consacrati, ed anche sacerdoti; persone che testimoniano la loro vocazione con dignità e con gioia anche nelle situazioni più difficili. Potremmo parlare di un vero e proprio popolo francescano che sta cominciando a prendere coscienza di appartenere ad un organismo fraterno mondiale e chiamato a ridire nell’oggi la parola di Francesco d’Assisi vivendo sempre più in comunione vitale reciproca con il Primo e con il Secondo Ordine. E’ una presenza più anziana in Europa come media, una presenza più giovane maggiormente incidente nella società a livello di Terzo Mondo – Sud America e Africa. In America e in Africa molti i giovani della Gioventù Francescana e dell’Ordine Francescano Secolare che si fanno promotori di una interpretazione della vita sociale, civile, politica a partire dal Vangelo stando in mezzo ai poveri. In Canada e anche negli Stati Uniti l’impegno dei francescani è volto soprattutto a formare una coscienza di pacificatori, ritornando al comportamento non violento di Francesco d’Assisi. In Africa e in Asia un particolare impegno nel servizio e nella condivisione con i lebbrosi e le persone abbandonate. E comunque anche nel vecchio mondo, al quale noi apparteniamo, c’è tutto un fermento rinnovato di presenza, una misericordia che i laici francescani sono consapevoli di aver ricevuto dal Signore e che non possono trattenere per sé. Si sono rimesse in cammino le Fraternità che hanno scelto uno stile di condivisione, di accoglienza. E cominciano a farlo anche in forme nuove: gemellaggi stanno nascendo con i paesi del Terzo Mondo, tra aree povere ed aree ricche. Soprattutto è in atto (e ne vedremo la fioritura nei prossimi anni) una rifondazione culturale dell’Ordine Francescano Secolare che ha nella nuova Regola di Paolo VI del 1978 il suo punto di partenza. Questa Regola attraverso le parole stesse di Francesco poste come Prologo – “Esortazione ai fratelli ed alle sorelle della Penitenza” – innesta la riproposta dell’Ofs per l’oggi nel recupero delle origini e dà al laicato francescano la connotazione di Fratelli e Sorelle della Penitenza con una missione specifica, “riparare la Chiesa” nel mondo con lo stile della fraternità, portando la conversione nelle comuni attività del quotidiano.
Parrocchia Sant'Antonio di Padova
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