Liturgia della Parola
19 Gennaio 2025 - II Dom/C
Domenica scorsa, con la festa del
Battesimo del Signore, abbiamo iniziato il cammino del tempo liturgico chiamato
“ordinario”: il tempo in cui seguire Gesù nella sua vita pubblica, nella
missione per la quale il Padre lo ha inviato nel mondo. Nel Vangelo di oggi (cfr Gv 2,1-11) troviamo
il racconto del primo dei miracoli di Gesù. Il primo di questi segni prodigiosi si compie
nel villaggio di Cana, in Galilea, durante la festa di un matrimonio. Non è
casuale che all’inizio della vita pubblica di Gesù si collochi una cerimonia
nuziale, perché in Lui Dio ha sposato l’umanità: è questa la buona notizia,
anche se quelli che l’hanno invitato non sanno ancora che alla loro tavola è
seduto il Figlio di Dio e che il vero sposo è Lui. In effetti, tutto il mistero
del segno di Cana si fonda sulla presenza di questo sposo divino, Gesù, che
comincia a rivelarsi. Gesù si manifesta come lo sposo del popolo di Dio,
annunciato dai profeti, e ci svela la profondità della relazione che ci unisce
a Lui: è una nuova Alleanza di amore. Nel
contesto dell’Alleanza si comprende pienamente il senso del simbolo del vino,
che è al centro di questo miracolo. Proprio quando la festa è al culmine, il
vino è finito; la Madonna se ne accorge e dice a Gesù: « Non hanno vino » (v. 3). Perché sarebbe stato brutto continuare la
festa con l’acqua! Una figuraccia, per quella gente. La Madonna se ne accorge
e, siccome è madre, va subito da Gesù. Le Scritture, specialmente i Profeti,
indicavano il vino come elemento tipico del banchetto messianico (cfr Am
9,13-14; Gl 2,24; Is 25,6). L’acqua è necessaria per vivere, ma il vino esprime
l’abbondanza del banchetto e la gioia
della festa. Una festa senza vino? Non so... Trasformando in vino l’acqua delle
anfore utilizzate « per la purificazione
rituale dei Giudei » (v. 6) – era
l’abitudine: prima di entrare in casa, purificarsi –, Gesù compie un segno
eloquente: trasforma la Legge di Mosè in Vangelo, portatore di gioia. E poi, guardiamo Maria: le parole che Maria
rivolge ai servitori vengono a coronare il quadro sponsale di Cana: « Qualsiasi cosa vi dica, fatela » (v. 5). Anche oggi la Madonna dice a noi tutti: “Qualsiasi
cosa vi dica, fatela”. Queste parole sono una preziosa eredità che la nostra
Madre ci ha lasciato. E in effetti a Cana i servitori ubbidiscono. « Gesù disse loro: Riempite d’acqua le anfore. E le riempirono fino all’orlo.
Disse loro di nuovo: Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto. Ed essi gliene portarono » (vv. 7-8). In queste nozze, davvero viene stipulata una
Nuova Alleanza e ai servitori del Signore, cioè a tutta la Chiesa, è affidata
la nuova missione: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Servire il Signore
significa ascoltare e mettere in pratica la sua parola. È la raccomandazione
semplice, essenziale della Madre di Gesù, è il programma di vita del cristiano.
Vorrei sottolineare un’esperienza che
sicuramente tanti di noi abbiamo avuto nella vita. Quando siamo in situazioni
difficili, quando avvengono problemi che noi non sappiamo come risolvere,
quando sentiamo tante volte ansia e angoscia, quando ci manca la gioia, andare
dalla Madonna e dire: “Non abbiamo vino. È finito il vino: guarda come sto,
guarda il mio cuore, guarda la mia
anima”. Dirlo alla Madre. E lei andrà da Gesù a dire: “Guarda questo, guarda
questa: non ha vino”. E poi, tornerà da noi e ci dirà: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Per ognuno di noi, attingere dall’anfora
equivale ad affidarsi alla Parola e ai Sacramenti per sperimentare la grazia di
Dio nella nostra vita. Allora anche noi, come il maestro di tavola che ha
assaggiato l’acqua diventata vino, possiamo esclamare: « Tu hai tenuto da parte
il vino buono finora » (v. 10). Sempre
Gesù ci sorprende. Parliamo alla Madre perché parli al Figlio, e Lui ci
sorprenderà. Che Lei, la Vergine Santa
ci aiuti a seguire il suo invito: «
Qualsiasi cosa vi dica, fatela », affinché possiamo aprirci pienamente a Gesù,
riconoscendo nella vita di tutti i giorni i segni della sua presenza
vivificante.
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QUARESIMA 2022
Lettera ai parrocchiani
Carissimi, iniziamo un nuovo tempo e un nuovo cammino! Tutti avvertiamo nell’aria il desiderio di ritornare al gusto della vita. Come cristiani dovremo sentire il desiderio di tornare al gusto del pane, dell’Eucaristia: Il tuo volto, Signore, io cerco. “Non nascondermi il tuo volto” (Sal. 27,8-9). Nonostante la stanchezza, il dispiacere, il dolore, le lacrime, la paura e, a volte, la disperazione e le ingiustizie che gravano sulla nostra esistenza, questo è il tempo in cui dobbiamo riprendere a seminare vita, speranza, pace, armonia.